giovedì 2 agosto 2007

che cos'è l'uguaglianza con Dio in Fil 2,6-11?

Alcune considerazioni sull’inno di Filippesi 2,5-11.

L'inno culmina nella professione di fede di 2,11, che contiene un’attualizzazione di Is 45,23, non come è nel testo ebraico (e quindi come nella Vulgata), ma come si presenta nell’antica traduzione greca detta dei LXX. Fil 2,11 riecheggia il testo della traduzione greca di Isaia, introducendo alcune modifiche che lo attualizzano.

Is 45,23 LXX dice: ὅτι ἐμοὶ κάμψει πᾶν γόνυ καὶ ἐξομολογήσεται πᾶσα γλῶσσα τῷ θεῷ.

In Isaia è Dio che parla e ogni ginocchio si piega dinanzi a Dio. San Paolo aggiunge “nel nome di Gesù”.

Isaia dice: “ogni lingua confessi Dio”. San Paolo completa: “ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore”.

San Paolo stabilisce così l’identità tra Gesù Cristo e il Signore. Il “Signore” è il nome di Dio che si rivela nella storia: per Paolo, quindi, Dio si rivela in Gesù Cristo; e tuttavia Gesù non prende il posto del Dio dell’AT. La confessione del nome di Gesù avviene “a gloria di Dio Padre”. Per san Paolo l’affermazione della divinità di Cristo non va a dterimento della divinità del Padre.

Si domanda se l'inno sia articolato in due o tre momenti. Per molto tempo si è pensato che si articolasse in tre momenti, che sarebbero: 1) Gesù preesiste presso il Padre in forma divina, 2) Gesù si svuota di sé (ἑαυτὸν ἐκένωσεν) facendosi uomo; 3) Gesù viene esaltato dal Padre.

Osserviamo subito che tale scansione è letterariamente improbabile: come potrebbero le tre parti avere un'estensione così diseguale? La prima comprenderebbe un versetto, la seconda due, la terza tre. Più che di struttura dell'inno, dovremmo allora parlare di mancanza di struttura, giacché non si riscontra nessuna regolarità nell'espressione verbale del pensiero. Ma allora, piuttosto che dire che san Paolo redige un inno sproporzionato, non sarebbe meglio dire che non abbiamo ancora compreso che struttura avesse l'inno?

Ammesso e non concesso che si accolga la divisione in tre stadi, diventerebbe molto difficile capire in che senso Gesù si “svuota”: depone forse la divinità?

Vi sono interpretazioni eterodosse che leggono nell'inno l'idea che Gesù era Dio ed è divenuto mero uomo. Si può farlo in diversi modi: a) affermando che Gesù era Dio solo in apparenza (interpretazione assai forzata di ὃς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων); b) affermando che Gesù era Dio, ma poi rinuncia ad essere uguale a Dio, e da un certo momento in poi non lo è più (teologie della morte di Dio).
L'interpretazione a) è debole perché μορφή in greco indica la sì forma visibile, ma non in quanto apparenza contrapposta alla sostanza; l'interpretazione b) invece è metafisicamente insostenibile: se Gesù è Dio, lo è per sempre; se in un momento dato non lo è, allora non lo è mai stato. Non si può smettere di essere Dio.

Ci sono poi interpretazioni ortodosse, che cercano di salvare la divinità di Gesù. Ma, se vogliono conservare la divisione tripartita dell'inno, si trovano di fronte a difficoltà insolubili, che derivano dal collegare all'incarnazione la rinuncia a essere uguale a Dio. Se l'abbassamento di Gesù consistesse nell'incarnazione, in che modo verrebbe superato con la sua esaltazione? Forse che con l'esaltazione di Gesù cessa l'incarnazione? Non se ne esce.

La soluzione migliore consiste nel riprendere daccapo l'esame dell'inno, per riconoscere che non si articola in tre parti, ma in due.

Dal punto di vista formale, la divisione in due parti di tre versetti ciascuna sembra più armonica. La prima parte consisterebbe nell’umiliazione di Gesù, la seconda nella sua esaltazione. L'innalzamento di Gesù al di sopra di ogni nome conseguirebbe alla risurrezione. Con la risurrezione, Gesù non cessa di essere uomo. Al contrario, ritorna ad essere un uomo vivente. La sua umanità passa dalla morte alla vita. Ne consegue che l’umiliazione non consiste affatto nell’assunzione dell’umanità. In che senso allora Gesù “svuotò se stesso”?

Nel 1974 la CEI traduceva 2,6bc come segue: “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”. La traduzione, ora cambiata nella terza edizione, non era del tutto chiara. In che cosa consiste l'uguaglianza con Dio? Vuol dire forse “il suo essere uguale a Dio”?

Occorre guardare al testo greco, che dice: τὸ εἶναι ἴσα θεῷ (2,6c).

Osserviamo che ἴσα è neutro plurale. Se in greco si volesse dire: “il suo essere uguale, si direbbe ἴσον, impiegando il maschile singolare in un costrutto di accusativo con l'infinito (o ἴσος in un costrutto di nominativo con l'infinito). L'uso si trova già in Saffo: φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν ἔμμεν’ ὤνηρ, ὄττις... = Mi pare che sia uguale agli dèi quell'uomo, che... Qui si usa il maschile singolare ἴσος (al nominativo).

Cosa diversa è l'accusativo neutro plurale ἴσα, che non concorda con un soggetto singolare. Si tratta di una forma avverbiale, che vuol dire “ugualmente”, “in modo uguale”. L'uso si trova già in Omero (Od. 11,484-485). Odisseo incontra l'ombra di Achille morto e gli dice: πρὶν μὲν γάρ σε ζωὸν ἐτίομεν ἶσα θεοῖσιν Ἀργεῖοι (= anche prima, quand'eri vivo, noi Argivi ti onoravamo ugualmente agli dèi). L'espressione ἶσα θεοῖσιν vuol dire “in modo uguale agli dèi”. Riguarda gli onori che gli Argivi tributavano ad Achille da vivo.

San Paolo scrive ἴσα θεῷ, sostituendo il plurale omerico con il singolare, consono con il suo monoteismo. Dicendo “in modo uguale” non si riferisce perciò alla natura divina di Gesù, ma agli onori divini, cioè all'essere trattato come s'addice a Dio. A ciò Gesù rinuncia, assumendo piuttosto la condizione di servo. Non viene onorato come Dio, ma ignorato e addirittura condannato alla morte di croce.

Quindi l'umiliazione non consiste nell’incarnazione, che di fatto non viene raccontata da Paolo, ma nel modo in cui storicamente si svolge la vita di Gesù divenuto uomo (2,7c: ἐν ὁμοιώματι ἀνθρώπων γενόμενος), modo che nell'inno viene narrato per sommi capi. L'umiliazione non è l’assunzione della natura umana, ma la condizione storica in cui si svolge la vita umana di Gesù: servo e non signore, passibile e mortale e non gloriosa e immortale.

Si può così spiegare anche in che cosa consista l'esaltazione. L'umanità di Gesù, dopo la risurrezione, viene glorificata. In tutto l’inno Gesù è Dio e uomo, dopo la risurrezione diviene uomo glorificato.

Dal punto di vista teologico, l'unione delle due natura non comporta l'alterazione di nessuna delle due.

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